Commento al Vangelo di don Battista Borsato

GIOVEDI SANTO

Il centro di Dio è l’uomo

Prima della festa di Pasqua, Gesù sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarlo con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: “Signore, tu lavi i piedi a me?”. Rispose Gesù: “Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo”. Gli disse Pietro: “Tu non mi laverai i piedi in eterno!”. Gli rispose Gesù: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. Gli disse Simon Pietro: “Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!”. Soggiunse Gesù: “Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti”. Sapeva infatti che lo tradiva; per questo disse: “Non tutti siete puri”. Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: “Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come ho fatto a voi”.

(Gv 13, 1-15)

La liturgia del Giovedì Santo è segnata dall’episodio, narrato da Giovanni, di Gesù, che si cinge il grembiule a metà della cena e lava i piedi ai discepoli. Questo gesto è stato oggetto di molti commenti perché contiene l’ispirazione del come essere cristiani e del come essere Chiesa, anzi del come pensare Dio. Dio non ci ha creati “per conoscerlo, amarlo, servirlo in questa vita e per goderlo per sempre in Paradiso”, come recitava il catechismo di Pio X, Dio non pone il centro in se stesso (essere servito e amato), ma pone il centro nell’uomo (servirlo). È un cambiamento di prospettiva teologica, è un rovesciamento del modo di concepire Dio.

  • “Avendo amato i suoi li amò fino alla fine”. Gesù si sentiva ricercato. La cattura e la morte gli apparivano imminenti. L’odio, soprattutto del sinedrio, organo del potere religioso, cresceva sempre di più. Perché Gesù era “odiato?”. Lo vedremo un po’ più avanti. È importante, prima, chiarire che Gesù, nonostante le minacce di morte, non demorde dal suo progetto, non rinuncia alle sue idee, alla sua identità. Non si mette contro i nemici, né li odia, ma non cerca di conquistarli rinunciando a se stesso, alle sue prospettive. Ama i nemici senza perdere se stesso. Amare gli altri non vuol dire desistere dalle proprie idee o progetti. Anche nel matrimonio uno non può rinunciare al suo progetto per amore dell’altro. L’essere se stessi, inseguire la propria identità è il primo compito di ogni persona ed è anche il modo di vivere una corretta relazione. Recedere da se stessi per amore dell’altro non è autentico amore. Il far coppia è vivere una relazione in cui ciascuno scopre e vive il suo progetto. Gesù, comunque, ama il suo progetto più di se stesso, della propria vita. Ed egli non ama per convertire e neppure per convincere! Ama e basta. Ama per amare. Le persone si convinceranno e si convertiranno secondo i propri tempi. Gesù lascia che siano loro a convincersi e a convertirsi nella loro libertà.

Perché Gesù è stato condannato alla morte di croce, supplizio che era riservato ai sobillatori, ai rivoluzionari? La causa fondamentale è che Gesù ha messo l’uomo, la persona, prima della legge. Gesù è realmente rivoluzionario: ha anteposto l’uomo al di sopra delle istituzioni e della legge. Era, ed è, un capovolgimento che stordisce perché non c’è più la fissità e la sicurezza della legge e dei principi. Si apre così il varco della responsabilità e questo fa paura perché sembra che la libertà di pensiero non abbia più confini.

  • “Prese l’asciugamano…. E cominciò a lavare i piedi dei discepoli”. Nel Vangelo di Giovanni durante la cena non c’è l’istituzione dell’Eucarestia, non si parla della presenza di Gesù nel pane e nel vino; c’è, invece, al suo posto il gesto di Gesù che lava i piedi. “I piedi” rappresentano la parte più “sporca” della persona e questo indica che Gesù ama l’uomo, soprattutto nei suoi tratti di fragilità e di peccaminosità: ama l’uomo così com’è. Ma “i piedi” sono pure il simbolo del camminare e allora il lavare i piedi indica che Gesù spinge ad essere instancabili viandanti, a non fermarsi mai, perché la verità è nomade, perché Dio è inesauribile e sempre da scoprire.

Ma la domanda che ci si pone è perché Giovanni non parla dell’Eucarestia? Sicuramente non è che la neghi o la rifiuti, ma egli è interessato a cogliere il vero senso dell’Eucarestia espresso dallo “spezzarsi” per gli altri. Uno vive l’Eucarestia non quando partecipa al rito, ma quando si abbassa per prendersi cura delle persone, quando è disponibile a lavare loro i piedi.

Nella passata (presente?) educazione cattolica si pensava che bastasse compiere il rito per essere cristiani o per essere salvi. Il rito, invece, è una evocazione a darsi, a mettersi a servizio degli altri, a fare in modo che ci sia pane per tutti, che il vino rallegri tutte le tavole. Il pane è necessario per vivere: senza pane le persone non diventano persone. Il vino non è necessario, ma è l’elemento che dà gioia, calore, passione. Allora Gesù non è solo “pane” che alimenta, ma anche “vino” che rallegra, che inebria, quindi celebrare l’Eucarestia si esprime nel lavare i piedi, nell’impegnarsi perché tutti gli uomini e le donne possano godere sia del pane che del vino. Il rischio che corriamo, da sempre, è di sentirci a posto quando si partecipa al rito: esso però non è salvifico in sé, è un richiamo ad agire e lottare perché tutti gli uomini e le donne possano diventare persone nella loro dignità e uguaglianza.

“Che ne facciamo di questo pane se non porta a trasformare noi stessi, a rivoluzionare il mondo?” (Tonino Bello).

  • “Gli disse Pietro: tu non mi laverai i piedi in eterno”.  Perché Pietro non vuol lasciarsi lavare i piedi? Secondo alcuni (Maggi) perché ha capito che avrebbe dovuto fare anche lui altrettanto. Egli sognava, nella nuova comunità di Gesù, di avere un ruolo di preminenza e di prestigio e non di abbassamento. È più aderente al Vangelo, il ritenere che Pietro non accettava un Messia debole, voleva un Messia forte e potente che venisse a liberare e a riscattare Israele dalla condizione di subalternità agli altri popoli. Sognava un Israele non solo libero, ma addirittura con un ruolo di egemonia sugli altri popoli.

Pietro, come tanti altri, vagheggiava un Dio onnipotente, capace di costruire e di distruggere con la sua forza e potenza. Così pure il Messia era visto come l’inviato di Dio a operare con la stessa autorità ed energia. Gesù, invece, lavando i piedi annuncia un altro modo di pensare Dio e quindi di concepire il Messia. Dio, come pure il suo Messia, non viene per comandare e neppure per liberare. Viene per risvegliare, con la sua debolezza e povertà, la responsabilità dell’uomo. Quasi a dire che è l’uomo chiamato ad aiutare Dio nell’operare la liberazione del mondo.

Due piccoli impegni:

– L’amore rispetta i cammini delle persone.

– Servire è aiutare le persone a crescere.