Commento al Vangelo di don Battista Borsato -XXI°  DOMENICA del TEMPO  ORDINARIO 

Commento al Vangelo di don Battista Borsato -XXI°  DOMENICA del TEMPO  ORDINARIO 

XXI°  DOMENICA del TEMPO  ORDINARIO 

Quale salvezza?

In quel tempo Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. Disse loro: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi”.

(Lc 13,22-30)

Il brano del Vangelo ci offre molteplici riflessioni e ci apre a sempre nuove prospettive per la nostra vita e per il nostro modo di credere. Io tento di sostare su alcune, pur riconoscendo di tralasciarne altre altrettanto suggestive e lo vorrei fare commentando alcune espressioni del Vangelo:

  • “Un tale chiese a Gesù: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”.

Gesù è in viaggio verso Gerusalemme. Con questo “viaggio” Luca evoca il cammino del popolo ebraico verso la terra promessa: questa terra cui anelava il popolo è Gesù stesso, è lui l’approdo delle profezie e delle sognanti speranze messianiche.

Lungo questo cammino avvengono vari incontri e vengono rivolte a Gesù molte domande che gli offrono l’occasione di chiarire il suo messaggio. Una di queste è: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”.

Interpretando il senso contestuale della domanda possiamo dire che essa si riferiva alla salvezza nell’al di là, del dopo la morte. Quanti raggiungono la salvezza? Quale salvezza?”.

Anche oggi molti, se non tutti, quando si parla di salvezza pensano alla salvezza nell’al di là. E Gesù non risponde a questo, e non vuole rispondere a questo. Da tutto il Vangelo traspare che Gesù non vuole che uno accolga il suo messaggio pensando all’al di là, ma invita i suoi discepoli a scoprire che la sua proposta è per essere “salvi” già nell’al di qua. Gesù propone un progetto improntato sull’amore, sulla fraternità, sulla giustizia e questo progetto “salva” la vita, la rende libera, le dà un senso già nel presente. Non si deve vivere in funzione della “vita eterna”, ma vivere pienamente la vita terrestre nel segno della bontà, dell’amore, della uguaglianza. Gesù, come a fatica si comincia a scoprire, non è venuto per insegnarci la strada di come guadagnare “la salvezza” nell’al di là, ma per indicarci la strada di vivere bene nell’al di qua. La salvezza è una realtà da costruire già nel presente. Solo se questa “salvezza” sarà iniziata avrà la futura pienezza. Il credente è una persona fedele alla terra che lotta e si impegna perché essa sia una casa abitabile per tutti. Il lottare per la giustizia è una lotta per la salvezza che riguarda appunto il presente. Amare la terra, impegnarsi perché tutti abbiano le stesse opportunità economiche, culturali, per essere persone libere, è un modo per costruire la salvezza già da subito, anche se viviamo nella speranza della sua completa pienezza nel futuro: solo l’impegno nell’al di qua consente di sognare l’al di là.

  • “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”.

La porta stretta è un simbolo. Quale può esserne il significato? Forse Gesù non invita ad una vita di rinuncia, di sofferenza, come è stata l’interpretazione più consueta, ma in questa espressione c’è una pregnante sollecitazione ad avere una mentalità diversa, ad aprirsi ad un pensare altrimenti. Il discepolo è uno che non si uniforma alla massa, alla via “larga”, al modo di pensare di tutti, ma che coltiva un pensiero critico che si domanda il perché. Il pensare diversamente costa fatica, occorre formarsi un pensiero proprio, vuol dire andare controcorrente, incontrare il dissenso. I profeti sono coloro che sono passati per la porta stretta, perché hanno avuto il coraggio delle proprie idee e sono vissuti con la schiena diritta, anche di fronte ai dettami religiosi.

Scrive il filosofo Baruch Spinoza: “Io credo che mettere in dubbio non sia una malattia. La cieca obbedienza che non dubita è la vera malattia”.

La porta stretta può avere anche un altro valore simbolico: farsi piccoli per poter passare. Stretta perché è la misura del bambino: “Se non diventerete come i bambini, non entrerete!” (Mt. 18,3). I piccoli e i bambini passano senza fatica alcuna. Perché, se ti centri sui tuoi meriti, la porta è strettissima, se sei gonfio di vanità, di presunzione, non passi. Se ti centri sulla bontà del Signore, come un bambino che si fida delle mani del Padre, la porta è larghissima. Per passare basta farsi piccoli, abbassarsi.

Un apologo della tradizione zen dice: “Una volta un discepolo si lamentò con il maestro per il fatto che lo spazio che gli aveva assegnato era troppo stretto e si sentiva soffocare”. Allora il maestro gli disse: “C’è un segreto per risolvere questo problema: nella misura in cui ti farai piccolo, lo spazio diventerà sempre più grande!”. L’insegnamento è chiaro: fatti piccolo e la porta si farà grande, lascia giù tutti i tuoi bagagli, i portafogli gonfi, l’elenco dei meriti, la tua bravura; sgonfiati di presunzione, del crederti buono e giusto e liberati dalla paura di Dio, del suo giudizio, allora la porta si allargherà.

  • “Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno alla mensa nel Regno di Dio”.

È la grande visione dell’incontro dei vari popoli provenienti da tutti i posti e luoghi. È l’annuncio che le strade che portano al Regno sono molteplici e diverse. Ogni religione e ogni cultura sono delle vie. Nessuna religione può ritenersi l’unica via del Regno. Vivere la propria religione è importante, ma la religione è un incontro di persone che si mettono insieme per cercare la verità e che si interrogano su come viverla. Sono persone che si mettono insieme per incoraggiarsi e sostenersi nel rispondere alle nuove domande, e per vivere un’etica di solidarietà. La religione è un luogo dove camminare per tentare di conoscere il pensiero di Dio e per sollecitarci a viverlo: pensiero che si esprime nell’amore che è mettere al centro l’altro.

Ma non possiamo chiuderci dentro la nostra  religione, perché Dio ha parlato e parla in tutte le religioni e in tutte le culture.

È doveroso coltivare l’impegno di conoscere la propria religione, e di viverne i messaggi, ma dovrebbe insediarsi in noi il desiderio di avvicinare le altre religioni per accogliere la voce di Dio presente in esse. Possiamo pretendere di conoscere Dio che è immenso e incontenibile senza camminare insieme con tutti gli uomini e donne dell’oriente e dell’occidente, del settentrione e del mezzogiorno nelle cui voci e aspirazioni Dio continua a svelarsi?

Due piccoli impegni:

            –  Non pensare tanto all’al di là, costruire invece la salvezza già nell’al di qua.

            –  Non pensare come tutti, coltiva un pensare altrimenti.