Commento al vangelo di don Battista Borsato

Commento al vangelo di don Battista Borsato

XXV domenica  del T.O.

Oltre la giustizia!

“Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed esse andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso e cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza fare niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

Quando su sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: ” Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno i primi e i primi, ultimi”.

(Mt 20, 1-16)

Questa parabola è davvero sconcertante. Rompe i criteri umani e rovescia il nostro modo di pensare e di intendere la giustizia. Per noi giustizia è dare a ciascuno il suo, per Dio, invece, giustizia è dare a ciascuno ciò di cui ha bisogno. Dio ha una logica “altra”, è “altro”: spesso noi lo riduciamo alle nostre idee, magari buone, dimenticando che queste idee fanno pur sempre parte di un orizzonte umano. Dio ci chiede di uscire da tale prospettiva per inoltrarci verso un’altra terra, avvicinarci ad un diverso orizzonte, un modo nuovo di guardare alla vita e alle relazioni umane.

Per comprendere meglio questa parabola, e coglierne la provocazione, è opportuno collocarla nel giusto contesto simbolico. Il padrone rappresenta, com’è facile intuire, Dio che chiama gli uomini a lavorare nella sua vigna.

Vorrei evidenziare o rilevare tre particolari di questa parabola che mi sembrano i più interroganti e innovativi. Il primo riguarda la vigna, il secondo gli operai disoccupati e oziosi, il terzo, il più scandaloso, il fatto che tutti gli operai ricevono la stessa paga.

  • Il primo: “Uscì a prendere i lavoratori e li mandò nella sua vigna”. Si deve sapere che a quel tempo gli uomini disoccupati andavano in piazza e aspettavano che qualche datore di lavoro si presentasse per offrire loro una occupazione. Quindi queste persone erano disponibili a lavorare. In loro c’era la voglia di poter avere un’occupazione per mantenersi e mantenere la famiglia.

Il padrone, come si diceva, rappresenta Dio. Dio però quando chiama non lo fa per dare privilegi e neppure per dare la salvezza, un tempo si diceva la “grazia”, ma lo fa per inviare: inviare nella vigna che rappresenta il mondo. Anche i sacramenti, come il Battesimo, l’Ordine, il Matrimonio sono delle chiamate di Dio, ma sono chiamate non per la salvezza individuale, “per salvarsi l’anima”, come si pensava, e come per troppo tempo è stata la predicazione ecclesiastica. I sacramenti sono eventi non per salvarsi, ma per salvare e liberare. Con i sacramenti, chi li accetta e li riceve responsabilmente, Dio manda le persone a lavorare nel mondo per farlo crescere, per impiantarvi la giustizia, la fraternità, l’uguaglianza. Anche il matrimonio è in questa linea. Quando sono chiamato a celebrare il matrimonio io affermo con forza che due si sposano in chiesa, nel Signore, non per loro, per la loro felicità, si sposano per la comunità. Certo l’amore è un dono dato ai due per la loro crescita, per la loro gioia, ma non è solo per loro, è per l’umanità. “L’amore coniugale è una Parola di Dio rivolta alla “umanità”. Lo scopo del matrimonio è di costruire l’umanità con la densità di comunione, di rispetto, di accoglienza della differenza che sono proprie della coppia. Bisogna dunque abbandonare con decisione una fede vissuta come personale appropriazione dei benefici elargiti da Dio: il credere è abbracciare un progetto di liberazione dentro il mondo, la storia.

  • Il secondo: “Il padrone uscì verso le cinque …. e disse: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Il padrone si preoccupa dei disoccupati. Stando alla parabola, l’ultima uscita del padrone è alle cinque del pomeriggio. Mancava solo un’ora al tramonto del sole, quando ogni lavoro cessava. Forse il padrone a quell’ora non aveva bisogno di lavoro per la vigna. Egli è preoccupato non tanto della vigna, ma delle persone che non lavorano. Più che della sua vigna si prende cura di questi uomini disoccupati. Più che attratto dal guadagno è interessato alle persone. Senza lavoro l’uomo perde la dignità, dice spesso anche Papa Francesco. Non solo manca il reddito per mantenere la famiglia, ma chi non lavora si sente inutile, prova un senso di frustrazione che danneggia la salute psichica e fisica. Si percepisce come “scarto” sociale. Non solo lo Stato deve preoccuparsi della mancanza di lavoro, soprattutto dei giovani, ma anche gli industriali, gli imprenditori. Certo il guadagno è necessario anche per la vita delle industrie, ma prima del guadagno ci si dovrebbe prendere cura delle persone disoccupate.

Un mio amico imprenditore, con cui c’è un legame fin dai banchi della scuola, e che ha avuto l’intuito e il coraggio di impiantare una industria ad alto livello tecnologico, mi ha fatto due confidenze. La prima: ho cercato sempre di avere un rapporto di stima e di fiducia con gli operai e questo ha contribuito allo sviluppo, anche economico, dell’azienda e io li ho sempre ricompensati al di là del dovuto sindacale. La seconda: nei momenti di crisi non ho mai licenziato nessuno. Possedevo una certa possibilità economica costruita anche con il loro lavoro; per me prima c’erano le persone con i loro bisogni e poi il guadagno e il capitale.

  • Il terzo, quello più interrogante. “Gli ultimi quelli delle cinque del pomeriggio ricevettero il denaro …. come i primi  …”. Allora spuntano il lamento e la contestazione. Qual è il messaggio della parabola? Per individuarlo bene, anche se i messaggi si allargherebbero quasi all’infinito, bisogna collocare questa parabola nel contesto storico. Gesù era contestato dai giudei perché accoglieva i pagani e mangiava con loro. I Giudei si consideravano gli unici amati da Dio e non accettavano che Gesù avesse un rapporto di accoglienza e di amore anche verso i pagani. Si consideravano essi gli eletti, i preferiti da Dio. Non accettavano di essere paragonati e accomunati ai pagani. Gesù con questa parabola vuole annunciare che Dio riversa lo stesso amore con la stessa intensità sugli uni e sugli altri. Se osserviamo bene, il padrone non lede la legalità e non incrina ciò che ha pattuito. Egli va oltre la legalità, va verso la bontà, la generosità. Dio non guarda i meriti di una persona, guarda i bisogni, perché la giustizia non è dare a ciascuno in parti uguali, ma in rapporto alle sue necessità. Questo criterio è valido sempre, e rinvenibile, ad esempio, anche nel comportamento del padre e della madre: se, tra i figli, uno è gracile, ammalato, o addirittura segnato da qualche limite invalidante, i genitori non possono dedicargli lo stesso tempo, attenzione, presenza, che danno agli altri. Gliene offriranno di più: e questa è giustizia. La giustizia vera è la bontà che non dà in rapporto ai meriti della persona, ma in rapporto ai suoi bisogni. Un figlio accusa i genitori per questa disparità di trattamento? Vuol dire che il suo occhio è cattivo: la sua invidia manifesta che egli non è vero figlio del Padre, perché non mette al centro l’altro, ma il proprio io.

Due piccoli impegni:

– Non andare a Dio per avere più “grazia” ma per prendersi cura del mondo.

– La legalità è un valore (guardare i meriti), ma ancor di più la bontà (guardare i bisogni).