Commento al Vangelo di don Battista Borsato

S. NATALE – 25 dicembre 2016

Natale 2016: Tre icone, tre grandi amici.

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazareth, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme; egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mente si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”.

(Lc. 2, 1-14)

In questo Natale invito me e anche voi a soffermarci su tre immagini principali presenti nel racconto del Vangelo di Luca che abbiamo ascoltato: immagini che contengono sorprendenti e anche esplosivi messaggi. Queste immagini, su cui vi invito a fermarvi sono tre:

una coppia in cammino (Maria e Giuseppe sono in cammino verso Betlemme). Perché sono in cammino? Quale messaggio contiene?

 La seconda immagine è la chiamata dei pastori per primi. Chi erano i pastori? Perché sono chiamati per primi?

La terza è il bambino: “Troverete un bambino adagiato in una mangiatoia”. Qual è il simbolo del bambino?

Certamente non mi sarà possibile rispondere adeguatamente a queste domande né intendo farlo. Vorrei che coltivaste dentro di voi le domande e poi cercaste lentamente e progressivamente le risposte. In un recente dialogo con il nostro Vescovo Beniamino, egli mi diceva che nel primo incontro con lui affermavo che “Un uomo è grande non per le risposte che dà, ma per le domande che pone”. E allora gli ho confidato un’altra espressione: “Sostare nelle domande”. Ciascuna persona cresce se sa indugiare nelle domande, soffrirle e poi arrivare alle risposte.

Ma veniamo alle tre immagini:

  • C’è una coppia in cammino. Perché è in cammino? Per rispondere all’obbligo di Cesare Augusto di andarsi a censire. L’imperatore voleva conoscere il numero degli appartenenti al suo impero e soprattutto voleva che tutti pagassero le tasse. Era una forma di sottomissione degli abitanti al potere di Roma e dell’imperatore.

Ma l’evangelista Luca vuole sottolineare il valore simbolico del camminare, vuol dirci che il credente è un interminabile camminatore. Uno dei verbi principali nei documenti del Concilio Vat. II è “camminare”. Vi si dice che la chiesa è un popolo in cammino, un popolo pellegrinante, non tanto pellegrinante verso l’al di là, ma verso la verità. Confesso che la mia formazione teologica era preconciliare e quando giovanissimo prete ho letto i documenti del Concilio, una delle emozioni più suggestive e folgoranti è stato proprio il verbo camminare e appunto il camminare verso la verità. Avvertivo sorprendentemente che la chiesa non aveva tutta la verità. Anche la chiesa doveva mettersi in cammino alla sua scoperta. Pure la chiesa aveva dei dubbi, era inquietata da domande che provenivano dal mondo da cui era sollecitata a cercare nuove risposte.

Allora questo verbo “camminare” mi rievocava Abramo a cui il Signore Dio aveva detto: “Parti dalla tua terra e va verso una terra che ti mostrerò”. Anche Abramo non aveva tutta la verità su Dio, anzi doveva lasciare le sue idee su di Lui e cercarne altre.

Uno che vuol essere credente deve essere un instancabile viandante.

Invece è sempre insidioso il rischio del fondamentalismo, cioè c’è la voglia di avere idee precise, fisse, definitive, avere dei paletti ben chiari in cui fermarsi e riposare. Camminare, cercare, riflettere, soffrire i dubbi è difficile per tutti, ma è il modo di essere uomini e credenti. C’è un bellissimo libretto di Salvatore Natoli che si dichiara non credente, ma appassionato di Gesù, dal titolo: “Gesù il grande camminatore”: era camminatore non tanto perché percorreva villaggi e città, ma perché era attratto e quasi tormentato dal desiderio di conoscere i pensieri del Padre, il suo progetto, la sua volontà. Gesù non era “telecomandato” doveva scoprire ciò che il Padre pensava e voleva con la fatica di tutti gli uomini. Soprattutto in questo senso era un grande “camminatore”. Papa Francesco a questo riguardo ha un’espressione strabiliante: “Ogni pensiero e ogni affermazione sono sempre incompleti”. Ogni pensiero e ogni affermazione anche se fatta dal Papa o dal magistero non è mai completa, è sempre bisognosa di completarsi, di crescere.

  • La seconda immagine riguarda i pastori. Sono i primi chiamati. Nel passato si è molto accentuato il fatto della situazione di povertà dei pastori. E quindi i primi chiamati sarebbero i poveri. Questo è un significato certamente valido: Dio chiama per primi i poveri, predilige i poveri. Ma qui vorrei sottolineare ed evidenziare che i pastori sono chiamati perché peccatori. I pastori all’epoca di Gesù non sono le figurine tanto belline dei presepi, tanto carine con i loro agnellini. I pastori erano i primi nell’elenco dei peccatori nella religione giudaica. Erano considerati dei ladri, dei criminali, che si rubavano il bestiame tra di loro, erano persone abbruttite anche perché non frequentavano il tempio, la sinagoga, non praticavano la religione. Erano scomunicati dalla religione, perché esercitavano un lavoro proibito dalla legge. I pastori erano l’immagine dei peccatori per i quali non c’è speranza. E il Messia era visto e invocato come colui che veniva a eliminare i peccatori e i primi ad essere eliminati erano proprio i pastori. E quando essi sentono dagli angeli che è nato il Messia, il salvatore, dicono: “È la fine”! Invece dice il testo di Luca: “La gloria di Dio li avvolse di luce”. I pastori non solo non vengono distrutti, ma vengono abbracciati dall’amore di Dio. È una novità sconvolgente e clamorosa. Dio non li castiga anzi li avvolge col suo amore. Nella religione ci viene presentato un Dio che castiga i cattivi e premia i buoni, qui invece Dio ama tutti e per primi i peccatori. Matteo dirà che Dio è “come il sole che sorge sui cattivi e sui buoni, è come la pioggia che bagna i giusti e gli ingiusti” (Mt 5,45). Dio ama tutti. Dio è solo amore. È il suo amore che purifica e risana. C’è un passaggio dalla religione alla fede: nella religione l’uomo deve meritare l’amore di Dio, nella fede lo deve semplicemente accogliere.

Qui nasce il messaggio: amare gli altri anche se peccatori ma, pure sapere amare noi stessi

nelle nostre debolezze e fragilità. Se ci amiamo come siamo, saremo più misericordiosi e compassionevoli e anche più aperti alla speranza.

  • La terza immagine è il “bambino”: Troverete un bambino avvolto in fasce”. Vi vorrei sollecitare a riscoprire il valore del bambino e a guardarlo come il nostro maestro, da cui imparare a vivere. Scriveva con grande lucidità Ernesto Balducci, uno dei profeti del ‘900: “L’uomo, ciascun uomo è insieme senex et puer, è insieme vecchio e fanciullo. Il vecchio che è in noi è l’uomo dell’ordine, l’uomo della disciplina, ciò che è incerto lo disturba, ama la conservazione e la ripetizione. Innalza muri e non apprezza il pluralismo delle idee. Invece il bambino che è in noi ha l’estro creativo, vuol rinnovare, ricominciare. Ha il gusto del diverso, ama le contraddizioni, abbatte i muri e i confini”. Egli sosteneva che nel mondo occidentale ed europeo ha prevalso il senex, il vecchio, cioè sono prevalse la conservazione, la paura, la ripetizione ed è mancata la novità, la creatività, la fantasia. Non abbiamo dato spazio al bambino che è in noi. E oggi il mondo soffre per mancanza di infanzia (Bernanos). Il mondo ha bisogno di poeti, di profeti, di bambini.

Io ricordo un’espressione dello scrittore Mency: “Nessun uomo è grande se non possiede l’anima del bambino”.

E scriveva Giovanni Guareschi: “Perché non porti a passeggio il bambino che è in te?”.

Dovremmo recuperare l’anima e la fantasia del bambino.

Due piccoli impegni.

  • Ascoltare le domande e i dubbi per crescere.
  • Imparare dal bambino ad abbattere i muri.