Commento al Vangelo di don Battista Borsato

VI° DOMENICA del T. O.

Il denaro

In quel tempo Gesù disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e Sidone.

Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: “Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando, e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.

(Lc 6,17.20-26)

Confrontando questa pagina di Luca sulle “beatitudini” con quella di Matteo, si potrebbero riscontrare alcune differenze che sottendono differenze teologiche. Accenno a due di esse in modo particolare.

  • Luca ambienta il discorso programmatico di Gesù in un luogo pianeggiante, mentre Matteo lo colloca sul monte. Ciò presuppone due diverse prospettive: per Matteo, Gesù è il nuovo Mosè che dà al popolo ebraico e a tutta l’umanità una nuova legge, sulla quale la comunità degli uomini può costruirsi; per Luca, invece, Gesù è colui che aiuta a camminare dentro la storia, dentro il quotidiano: Egli non è lontano, ma compagno di viaggio per condividere i problemi dell’uomo e spingerlo verso la pienezza.
  • Una seconda variante. Luca, contrariamente a Matteo, accanto a “Beati i poveri” (o “Beati voi poveri”), pone: “Guai a voi ricchi”. Perché la sottolineatura? L’evangelista vuol mettere in risalto il rovesciamento operato da Gesù. Il regno di Dio giudica la storia, la fede cristiana è interruzione, spacca la logica umana, capovolge i criteri di valutazione: chi è considerato beato secondo il mondo è invece considerato infelice da Gesù. Molte inchieste e sondaggi rivelano che parecchia gente in generale, e i giovani in particolare, collocano ricchezza e profitto al primo posto della scala di valori; assistiamo ad una corsa affannosa verso il possesso, alla ricerca di professioni sempre meglio remunerate e di amicizie sempre più interessate. Si stringono alleanze con chi conta economicamente e non ci si fa scrupolo a usare l’inganno pur di arricchire. Un esempio emblematico, in proposito, ci è dato dalla ributtante piaga dell’usura: uomini e donne, costretti a chiedere denaro per andare vanti, vengono poi espropriati di terra, casa, mobili, perché non possono, come era prevedibile, sanare un debito gravato da interessi pesantissimi. Ma Dio da che parte sta? Egli fa una scelta di campo: sta dalla parte dei poveri e non dei ricchi. Forse qualcuno può gridare a un Dio ingiusto, parziale, perché privilegia certi e combatte altri, eppure questa è la sua logica, cantata in maniera lucida da Maria di Nazareth. Nell’inno, che ella intona davanti a Elisabetta, viene proclamata a voce alta la scelta operativa di Dio: abbassa i potenti e innalza gli umili, ricolma di beni i poveri e rimanda a mani vuote i ricchi (Lc 1,51-52). Perché Dio è così duro con i detentori di beni? Perché il ricco pone la sua fiducia nell’avere e il denaro è l’oggetto del suo esclusivo interesse: non c’è più posto per l’amore a Dio e all’uomo. L’uomo accecato dalla fame per il denaro non può più avere desiderio, relazione, apertura verso Dio, oppure cerca Dio come fosse un di più, una realtà collaterale a quella economica che rimane al centro. Una persona dominata dalla tensione utilitaristica non può avere rapporti completi, veri e costruttivi con gli altri, ma solo scambi funzionali ai propri scopi. Mancandole la predisposizione al dialogo, alla ricerca, non può crescere, e resta priva di autentico sentimento di vera amicizia, di un rapporto franco e libero: viene espropriata di se stessa, non si ritrova più. Un po’ alla volta perderà il senso del suo esistere e cercherà di colmare il vuoto con l’evasione, con il divertimento, con il mangiare e il bere; atteggiamenti che, quanto più praticati, tanto più alimentano la fame e la sete. Questo è il senso della frase del Vangelo: “Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame”.
  • Gesù inoltre è duro con i ricchi perché essi tolgono i beni agli altri. I poveri, i miserabili, sono resi tali dall’astuzia e dall’ingordigia dei ricchi. Qualcuno potrebbe dire: i facoltosi hanno costruito la propria posizione sull’impegno e l’intelligenza. Ciò è innegabile, ma quante volte accade che siano invece diventati quello che sono grazie a connivenze politiche ed economiche? Se andassimo a frugare nei libri contabili di certe aziende o di alcuni studi commerciali o di medici, ci accorgeremmo che tanto denaro odora di ingiustizia. E se ammettessimo pure che un individuo sia diventato ricco attraverso l’impegno intelligente, si dovrà comunque riconoscere che l’intelligenza, l’intraprendenza, non sono sue esclusività, ma doni del Creatore dati perché vengano fruiti per il servizio di tutti. L’appropriarsene è un furto. San Basilio aveva ragione quando affermava con coraggio che il ricco è già di per sé un ladro, perché tiene cose e denaro che sono al di sopra dei suoi bisogni, perché non gli appartengono. Luca è l’evangelista dei poveri. E se è duro con i ricchi, non lo è per ottuso pregiudizio nei loro confronti; vuole solo renderli consapevoli della triste condizione in cui versano, perché sentano il desiderio e il bisogno di non mettere al centro di tutto il denaro, ma Dio e i propri simili. È un richiamo forte alla conversione. Dio ama anche ai ricchi, ma desidera che usino i loro soldi, frutto d’iniquità, per sanare situazioni di miseria, per aiutare chi ha bisogno. Se siamo fratelli, se apparteniamo tutti alla famiglia di Dio, allora ogni cosa deve essere comune: questo è il sogno di Dio, e anche il sogno dell’uomo. Per realizzarlo bisogna passare dall’avere all’essere, dall’interesse per il proprio io alla preoccupazione per il bene dell’altro o degli altri. Allora l’individuo comincerà a vivere quella vita libera e gioiosa che Luca chiama “beata”.

Due piccoli impegni:

– Essere consapevoli che vivere per il denaro è danneggiare e danneggiarsi.

– Vivere i beni non come propri, perché destinati a tutti.