Commento al Vangelo di don Battista Borsato

IV DOMENICA di QUARESIMA

L’uomo prima della religione!

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: “Rabbi, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?”. Rispose Gesù: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo sono la luce del mondo”. Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: “Va’ a lavarti nella piscina di Siloe”, che significa “inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: “Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo”. Allora alcune dei farisei dicevano: “Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato”. Altri invece dicevano: “Come può un peccatore compiere segni di questo genere?”. E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: “Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?”. Egli rispose: “E’ un profeta!”……

Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo?”. Egli rispose: “E chi è, Signore, perché io creda in lui?”. Gli disse Gesù: “Lo hai visto: è colui che parla con te”. Ed egli disse: “Credo, Signore!”. e si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: “È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi”. Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: “Siamo ciechi anche noi?”. Gesù rispose loro: “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane”.

(Gv 9, 1-41)

Il cammino verso la Pasqua è segnato dalla ricerca-scoperta della persona di Gesù: Gesù è l’acqua viva che disseta (domenica scorsa), Gesù è luce che rischiara e dà senso (questa domenica). Questo cammino è reso vibrante attraverso dei racconti che vengono considerati miracoli, ma che invece l’evangelista Giovanni chiama “segni”. Non è il fatto in sé che deve trattenere la nostra attenzione, va invece cercato il suo significato e soprattutto chi è all’origine del segno. In questo racconto siamo invitati a incrociare messaggi che indicano le novità portate da Gesù: novità rivoluzionarie.

  • “Chi ha peccato, lui o i suoi genitori perché sia nato cieco?”. La cecità non era considerata una malattia ma un castigo, una maledizione inviata da Dio per le colpe degli uomini. Per discolpare Dio dei mali, si accusava l’uomo. Gesù esclude tassativamente alcuni rapporti tra il male e il peccato e dice: “Non ha peccato né lui, né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio”. E Gesù fece del fango con la saliva, lo spalmò sugli occhi: sono gli stessi gesti che ha fatto il creatore nella creazione del primo uomo! Gesù conferma la sua opera creatrice, anzi viene a sanare la creazione e a compierla. Egli è venuto non per condannare, ma per liberare e salvare.

Il racconto riporta la profonda divergenza tra i discepoli e Gesù. Di fronte al cieco nato i discepoli pensano al peccato. Lo sguardo di Gesù è diametralmente opposto: si interessa della sofferenza umana.

Di fronte alla sofferenza noi umani, soprattutto noi credenti, cerchiamo una spiegazione, vogliamo individuare la colpa e il colpevole. Gesù invece rifiuta questo sguardo, che è lo sguardo dei discepoli, non propone alcuna spiegazione, bensì con una reazione di umanissima compassione si avvicina al cieco e si mette a operare per sopprimere il male e far trionfare la vita. In tutti i Vangeli si può scoprire che la preoccupazione di Gesù non fu quella di lottare contro il peccato, ma di alleviare la sofferenza che tormenta gli uomini e che impedisce e ostacola la dignità e la libertà della persona.

La preoccupazione più forte di Gesù era di porre rimedio, per quanto possibile, alle disgrazie e alle miserie del popolo. Per questo Gesù non disse ai suoi discepoli di andare in cerca dei peccatori per convertirli dai loro peccati, ma li mandò a cercare i malati per guarirli dalle loro sofferenze (Mt 10,1; Lc 9,1)

  • “Quest’uomo non viene da Dio perché non osserva il sabato”. Gesù ha aperto gli occhi al cieco. Questo è il problema. Aprire gli occhi ai ciechi era un segno messianico. La gente è entusiasta ma non può avere un’opinione: solo le autorità religiose possono dire se è bene o male. Allora portano il cieco dai farisei, leader spirituali, ed ecco il problema: era sabato. Di sabato bisogna osservare quello che è considerato il comandamento più importante. C’era una serie di lavori, ben 1521 azioni che erano proibite e, tra queste, c’era fare del fango e curare gli ammalati, quindi in Gesù era presente una trasgressione, una violazione del sabato. Allora viene il verdetto: “Non viene da Dio, perché non osserva il sabato”. Per loro venire o no da Dio, dipendeva dall’osservanza o meno della legge. Per Gesù venire o no da Dio, invece, dipenderà dall’atteggiamento che si ha nei confronti dell’uomo, ma per loro, l’unico criterio di giudizio era l’osservanza della legge.

“Nessuno nel racconto prova pena per gli occhi vuoti del cieco, nessuno si entusiasma per i suoi occhi nuovi di fronte alla gioia di un uomo che vede per la prima volta il sole, gli occhi di sua madre, la bellezza del mare, i colori; anche gli alberi, se potessero, farebbero festa, anche le colline, dice il salmo, salterebbero come agnelli (cfr. Sal 114,4)” (E. Ronchi).

Loro no! Loro, i farisei, che conoscono le regole, che sanno il bene e il male, loro non provano gioia, perché a loro interessa la legge e non un uomo felice. Dicono: non si fanno miracoli di sabato! Non capiscono che Dio preferisce la felicità dei suoi figli all’osservanza della legge.  Funzionari delle regole e analfabeti del cuore. Fanno credere che Dio sia contro l’uomo ed è il peggio che possa capitare alla nostra fede. Dicono: i poveri restino pure poveri, i mendicanti continuino a mendicare, i ciechi si accontentino, purché il sabato sia osservato. Gloria di Dio è il precetto osservato!

E invece no: gloria di Dio è un uomo che torna a vedere. E il suo lucente sguardo dà gloria a Dio più di tutti i sabati!

I farisei mostrano che si può essere credenti senza essere buoni, che si può essere uomini di Chiesa e non avere pietà; mostrano che si può operare in nome di Dio e agire contro Dio. Amministratori del sacro e analfabeti del cuore.

  • “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo” il peccato rimane in voi”. Quando si mette il bene della dottrina, della legge al primo posto, prima ancora del bene degli uomini, questa è la cecità che impedisce di leggere gli avvenimenti della storia e di essere fedeli a quel Dio che non cessa mai di sorprenderci e di svelarsi. Ci manca il coraggio di ammettere di avere male interpretato la Parola di Dio e di aver pensato secondo gli uomini, ma non secondo Dio. Soprattutto il non saper mettere in discussione principi ritenuti sacri e inamovibili è il modo per non aprire gli occhi e non vedere il germogliare di segni prodigiosi che Dio sta ridestando a favore della vita e della speranza, anche nel presente.

Due piccoli impegni:

– Non porre l’attenzione sul peccato, ma sulla sofferenza.

– Vincere la presunzione di vedere e di sapere.