Commento al Vangelo di don Battista Borsato

II DOMENICA del T. O. 

La fede come passione

In quel tempo vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”. E Gesù le rispose: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Sua madre disse ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: “Riempite d’acqua le anfore”; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: “Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto”. Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: “Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora”. Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

(Gv 2,1-12).

È un racconto conosciutissimo. Segna l’orizzonte del messaggio evangelico di S. Giovanni: un messaggio di gioia e di creatività. Soffermiamoci su tre espressioni:

  • Fu invitato alle nozze anche Gesù. Questo è un aspetto da sottolineare. Gesù partecipa al banchetto di nozze. Era un momento di festa e di gioia. Gesù, nel Vangeli, va spesso ai pranzi o alle cene. Qualcuno sottolinea che Gesù andava ai banchetti e mai ai funerali. E questo è un aspetto di grande rilevanza: Gesù è per la gioia e non per la sofferenza, Gesù è per la vita e non per la morte. Noi come chiesa, soprattutto nel passato abbiamo presentato la fede come rinuncia, mortificazione, privazione, mentre Gesù non ha mai amato la sofferenza, non ha mai amato il dolore anzi i suoi miracoli erano per togliere ciò che faceva soffrire. Gesù viene per liberare. Nel famoso racconto del figlio prodigo provate a contare quante volte si parla di festa: facciamo festa, cominciarono a far festa, bisognava far festa. L’incontro con Dio non è di mortificazione, ma di liberazione, di festa. Di gioia. Nietzsche diceva: “Con Dio l’uomo non può vivere l’ebbrezza della vita”. Questo non è Dio di Gesù  che invece vuole persone ebbre, entusiaste, gioiose.
  • Non hanno più vino. È Maria che si accorge della mancanza del vino. Il femminile è più attento a intuire nelle varie situazioni, il bisogno. La donna è ricca di sentimento e di cuore ed è il “cuore che vede chiaro”. Nella teologia e nella pastorale si sta recuperando il valore del femminile. Ma qui la mancanza di vino è fortemente simbolica. Maria si era accorta che la religione giudaica era fatta di doveri, di regole, di divieti, ma non c’era più passione né entusiasmo. Era una religione fondata sulla legge e sulla ripetizione del passato: c’era il rifiuto del nuovo. Il nuovo sembrava sgretolare l’ordine e la legge. Esistevano anche a quel tempo alcuni movimenti che tentavano di predicare e annunciare un Dio diverso e cercavano di rispondere alle domande del tempo con nuove risposte, ma erano osteggiati ed emarginati. La religione doveva fissarsi sul passato e ripeterlo. Si doveva sottostare alle regole e alle indicazioni del magistero. Non c’era spazio per la coscienza e per la libertà di pensiero. Era una religione mortificante e alienante. La persona era prigioniera della religione. Era una religione senza vino, cioè senza passione, senza creatività. Il vino è il simbolo dell’allegrezza, della festa, dell’amore. Nel Cantico dei Cantici il vino è il segno dell’amore. Dice la ragazza al suo ragazzo: “Il tuo palato è come vino squisito, che scorre morbidamente verso di me” (Ct 7,10). È il segno del desiderio: “Io sono del mio amato e il suo desiderio è verso di me” (Ct 7,11).
  • C’erano sei giare di pietra per la purificazione. Dentro a questa espressione ci sono dei simboli molto significativi: il numero sei indica l’insufficienza mentre il sette è pienezza. Allora si vuole dire  che la religione giudaica era insufficiente, era imperfetta, bisognosa di cambiamento. Le giare erano dei grandi contenitori. Ognuna poteva contenere circa 100 litri di acqua e si dice che erano di pietra. La pietra è fredda, come fredda era la religione giudaica e freddo era il rapporto con Dio: rapporto fondato sulle leggi scritte sulla pietra. I profeti (Geremia ed Ezechiele) diranno che occorre passare da un cuore di pietra ad un cuore di carne. Gesù invita a passare dall’acqua al vino.

Il vino diventa il simbolo del rapporto nuovo dell’uomo con Dio. I discepoli di Gesù dovrebbero vivere la propria fede non come dovere o come legge, ma come desiderio, passione.

Io vorrei riportare tre stimoli a questo riguardo.

– Il primo è Simon Weil, donna ebrea che ha percorso un intenso cammino spirituale per non dire mistico. Nei riguardi del Vangelo afferma: “Là dove manca il desiderio di incontrarsi con Dio, non vi sono credenti, ma povere caricature di persone che si rivolgono a Dio per paura o per interesse”. Gesù vuole, dice Simon Weil, persone di grandi desideri.

– Il secondo è di un teologo ortodosso Jannaras. Egli ha scritto un libro dal titolo: “Viviamo un cristianesimo senza eros”. Egli parla della chiesa ortodossa, ma può riguardare benissimo la nostra chiesa cattolica. Il vivere un cristianesimo senza eros, vuol dire vivere un cristianesimo senza passione, senza desiderio. I cristiani, dice sempre lui, dovrebbero essere persone erotiche, appassionate. Solo così il cristianesimo diventa un fuoco che incendia e divampa.

Oggi ci si interroga giustamente come annunciare il Vangelo, e si parla di primo annuncio, di secondo annuncio e adesso anche di terzo annuncio. Però la domanda essenziale è: “come far crescere il desiderio della fede?” Se non c’è questo desiderio di conoscere e di vivere il rapporto con Dio, ogni annuncio sarà sterile. Se non c’è  il desiderio da parte delle persone non c’è nessun movimento di fede. Molta gente viene ancora in chiesa per il precetto, per paura del peccato ma non per ardore e passione.

– La terza  testimonianza riguarda  il mio padre spirituale in Seminario. Ero in ginnasio ed egli era vecchio e sembrava tutt’altro che aperto al nuovo, ma nel giorno del suo compleanno (80 anni) ha regalato a tutti noi dei pasticcini e del vino dolce (era una novità a quel tempo) e ci ha invitati a gustarli dicendo che Gesù alle nozze di Cana di fronte alla mancanza di vino non ha detto “fate una mortificazione, ma ha cambiato l’acqua in vino perché facessero festa”. La fede non è contro la festa, anzi la incoraggia.

Due piccoli impegni:

            – Passare  dalla fede del dovere alla fede del desiderio.

            – Coltivare il sentimento perché è il cuore che “vede chiaro”.