Commento al Vangelo di don Battista Borsato

XVII domenica del T.O.

Dio è il tesoro

Il regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto nel campo; uno uomo lo trova e lo nasconde, poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

Ancora il regno dei cieli è simile ad una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.

Avete compreso tutte queste cose?”. Gli risposero: “Sì”. Ed egli disse loro: “Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile ad un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”.

(Mt 13, 44-52)

Nel commentare le due parabole del tesoro nascosto e della perla preziosa mi sembrano opportune due brevi premesse.

  • Anche se non ce ne rendiamo conto, la ricerca della felicità è al centro di ogni nostra preoccupazione. Tutto si fa per ottenerla. L’umanità nel suo insieme compie sforzi per inseguire questo fine: la felicità. Alcuni vedono nel denaro e nella ricchezza la strada per ottenerla, altri invece nel prestigio e nel potere, altri ancora, nella vita di piacere senza progetti. Già il grande Socrate indicava la strada della felicità nell’essere se stessi: “Conosci te stesso”, “sii te stesso”, sii libero da dipendenze esterne (corrispondere alle attese di altri) e libero da dipendenze interne (il voler tendere alla perfezione). Accettarsi nei propri doni e nei propri limiti è la via suggerita già dalla sapienza greca e sanzionata da Gesù. E oggi il Vangelo ci propone che Dio è il tesoro dove è nascosta la felicità. Perché Dio è il tesoro? Tenteremo di vederlo più avanti.
  • La seconda premessa riguarda la religione. Mi riferisco alla nostra. La religione è percepita spesso come rinuncia: se vuoi essere cristiano devi sacrificarti, osservare certe leggi, obbedire a delle prescrizioni, sottostare ad una autorità: la libertà della persona ne risulta limitata e perfino mutilata. Qui si trova, a mio parere, la radice di molto ateismo e dell’indifferenza religiosa. Perché molti adolescenti dopo la Cresima abbandonano la Chiesa? Forse la vedono come il luogo dove la persona non è libera né autonoma e soprattutto dove sembra essere di casa la sofferenza e non la gioia. Infatti la cultura cristiana per secoli è stata impregnata di dolorismo e di sofferenza. Sembrava che Dio amasse il dolore e il patire.

Ricordo un libro, scritto subito dopo il Concilio Vaticano II, di Juan Arias dal titolo “Il Dio in cui non credo” dove c’era il capitolo intitolato “Gesù non amò il dolore”. E i miracoli infatti, sarebbero il segno e la profezia di un Gesù che è contro il male e il dolore. Una lettura più attenta della Bibbia e del Vangelo fa emergere un Dio che è per l’uomo, che desidera che l’uomo si umanizzi e insegua la sua crescita e la sua felicità. In questo orizzonte si collocano le due parabole che abbiamo letto e ascoltato.

  • IL regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto nel campo”. Questa parabola ci regala un nome nuovo e sorprendente di Dio: Dio è un tesoro.

Tesoro per noi è una parola magica, sa di romanzi, di grandi avventure, è parola da innamorati. Ma oggi è anche parola di Vangelo. Dio si presenta, si auto-presenta come un tesoro, come la perla più bella. Dio è un tesoro, però nascosto, nel senso che va cercato, che non si trova a buon prezzo! Quindi Dio, credere a Dio, vivere secondo la sua proposta e i suoi pensieri è come trovare un tesoro.

Per cogliere meglio questa singolare immagine, non consueta nel nostro modo di credere, mi riferisco ad una espressione, questa sì molto consueta, presente nella bocca di fidanzati e anche di molti sposi.

Vivendo e lavorando da anni tra persone innamorate ho sentito e sento spesso e con piacere il fidanzato dire alla fidanzata: “Sei il mio tesoro”. Mi sono chiesto spesso che cosa significhi rivolgere ad una persona: “Sei il mio tesoro”! E riflettendo, e scrutando le coppie, mi sembra che questa espressione includa almeno tre significati o atteggiamenti:

– Non mi interessa il denaro, la carriera, la mia affermazione, mi basta amare te e sentirmi amato da te. Sei tu la mia vita, sei tu il senso del mio vivere.

– Sei il mio tesoro può significare che in te trovo la forza di affrontare le difficoltà, ma soprattutto trovo il vigore di sprigionare il mio essere. Senza di te non posso comprendermi, non posso essere me stesso. Divento me stesso attraverso di te. Mi ritorna palpitante un ricordo. Un giovane sui trent’anni, sposato da cinque, un giorno mi viene a trovare per dirmi: “Io ho avviato una fabbrica, in cui lavorano trenta persone. Guadagno bene. Ho un bel rapporto con gli operai, ma ho perso il bene più importante: “Mia moglie oggi mi ha lasciato, e ho compreso che ho dato più tempo e attenzione al lavoro e meno alla moglie. Mi sento distrutto. La moglie era il mio tesoro che non ho custodito”.

– Sei il mio tesoro può sottolineare l’ebbrezza, l’effervescenza del vivere. L’uomo scopre il brivido della gioia nella relazione con la donna e la donna nel rapporto con l’uomo. Questa esplosione di gioia l’ha provata Adamo di fronte ad Eva. “Questa è ossa delle mie ossa, carne della mia carne”. È una presenza che entra e fa vivere le ossa e respirare la carne! Il rapporto di coppia dà piacere, fervore, ebbrezza appunto. Dice Papa Francesco in Amoris Laetitia: “Un amore senza piacere né passione non è sufficiente a simboleggiare l’unione del cuore con Dio”. (n. 142)

  • Poi va, pieno di gioia vende tutti i suoi averi e compra quel campo”. Per conservare il tesoro occorrono cura e intelligenza. L’amore può sfiorire e perdersi, per questo è importante vendere tutto il resto, cioè mettere al primo posto l’amore e non il lavoro o il guadagno o la carriera e neppure l’impegno sociale e politico. Non è un vendere per espropriarsi, o peggio per sacrificarsi, ma per ritrovarsi ed espandersi.

Questa immagine del “tesoro” non è quella che potrebbe e dovrebbe esprimere la vera relazione con Dio? La fede non può ridursi ad un dovere o peggio essere messa ai margini della vita, dovrebbe essere la riscoperta che Dio è il tesoro, perché la sua Parola dà senso alla vita e ci fa camminare sulla strada della gioia e della pienezza umana. Un vero credente dovrebbe dire: “Dio è il mio tesoro”, con la stessa convinzione e passione dello sposo verso la sua sposa.

Due piccoli impegni:

– Superare la fede come dovere.

– Scoprire che Dio è il tesoro perché con lui l’uomo diventa se stesso.